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Ansia, stress, paura, depressione da coronavirus e bambini

Ansia, stress, paura, depressione da coronavirus e riflessi sui bambini

Da una parte questa emergenza preoccupa perché può acuire situazioni già critiche per singoli individui, coppie e famiglie e riversarsi negativamente sui bambini. Dall’altra è un’occasione di crescita e trasformazione, a cominciare dal rapporto con i nostri figli.

Ciò che stiamo vivendo a causa della pandemia dovuta al Coronavirus Covid-19 è probabilmente, almeno in Italia, l’emergenza più drammatica che le ultime tre o quattro generazioni si siano mai travate ad affrontare nella loro vita.
È infatti dai tempi della Seconda Guerra Mondiale che il senso di precarietà, di pericolo, la paura della morte, della povertà non erano così diffusi e pervasivi.
Una situazione del genere non può far altro che esacerbare o far insorgere nei singoli ansia, paure, fobie, depressioni, oppure problemi relazionali all’interno delle coppie e delle famiglie. Persone o nuclei di persone che, private della loro normale vita fuori dalle mura domestiche, possono vedere messo in serio rischio il proprio equilibrio, spesso già fragile per motivi pregressi. Ci troviamo tutti, sul piano individuale, familiare, genitoriale e di coppia, come su un tavolo a cui sia stata tolta una gamba.
Tenersi in equilibrio può essere davvero tanto complesso.

I bambini al primo posto

Il mio pensiero va subito alle persone più fragili e preziose, ovvero ai bambini. Da molte parti leggo di consigli su come comportarsi con loro riguardo a ciò che sta accadendo, anche da parte di colleghi e società di psicologia. La questione è assai complessa e riguarda diversi aspetti: individuali, sociali, mediatici, di inconscio personale e collettivo, ecc… Ma sullo sfondo si intravede un certo malinteso riguardo alla concezione di cosa un essere umano sia realmente e quale straordinario, meraviglioso viaggio esso compia nei primi anni di vita. Questo malinteso di fondo ne genera un altro, molto evidente nel nostro tempo, riguardo l’età evolutiva. Ovvero il credere che il bambino sia un adulto in piccolo e quindi senta, percepisca e pensi esattamente come un adulto. Oppure il credere che si tratti solo del fatto che il bambino non comprenda alcune parole e, per spiegare dei concetti, sia meglio usare quelle che già conosce. La logica conseguenza di questo modo fuorviante di pensare è questa: se a noi adulti rassicura dirci che tutto andrà bene, perché non dovrebbe valere per i nostri figli? E a maggior ragione se lo condiamo con un bel disegnino da postare su gruppi, Facebook, Instagram e così via?

Se non vogliamo scomodare la psicologia psicodinamica di Sigmund Freud o la pedagogia Waldorf inaugurata da Rudolf Steiner (entrambi le correnti di pensiero hanno avuto avvio proprio un centinaio di anni fa), ci basterà rifarci al più ecumenico e mai contestato Jean Piaget che, con il suo modello di sviluppo per stadi, nient’altro dice se non che i bambini cambiano negli anni.
Occorre infatti prendere sul serio l’indicazione secondo cui, specialmente sotto una certa fascia di età (7-9 anni), al bambino non va detto assolutamente nulla, a maggior ragione se il bambino non domanda nulla. È chiaro che il bambino in maniera subconscia sa che sta accadendo qualcosa, ma è altrettanto chiaro che il mondo incantato nel quale è immerso e che ha, tra gli altri, il ruolo di proteggerlo da elementi che non sarebbe in grado di affrontare, svolge la sua funzione a meraviglia. Non dobbiamo essere proprio noi adulti i cavalli di Troia che portano il “virus” nella vita del bambino!

L’importanza di offrire risposte in linea con lo stato evolutivo in cui si trova il bambino

Mi sento di estendere qui il primo e unico comandamento della mia professione per come la intendo: non curare ciò che è sano. Il bambino è sano di per sé. Non interveniamo laddove non occorre perché rischiamo di avviare noi stessi quelle che in psicologia vengono chiamate profezie che si auto-avverano o, detto altrimenti, di determinare i cosiddetti danni iatrogeni.
Sempre riguardo alla prima infanzia, nel momento in cui i bambini dovessero farci delle domande, sarà importante dare delle risposte che si avvicinino allo stadio evolutivo in cui il bambino si trova. Per i bambini sotto i 7 anni il mondo esiste e si trova lì perché è costruito proprio per lui e a sua misura. Per il bambino piccolo, le pozzanghere esistono perché lui possa sguazzarci dentro e le nuvole sono lì davanti al sole perché il sole non lo acciechi troppo o non gli facciano sentire troppo caldo. Sarà bene quindi proporre risposte che rispettino questa fase e che il bambino possa integrare in sé. Per esempio potremmo rispondere ai nostri bambini che non si va a scuola perché la scuola è molto stanca e ha bisogno di riposarsi e avere una vacanza, oppure che mamma e papà non vanno a lavoro perché così possono stare di più con loro, ecc…

Presi dalle ansie di questa emergenza potremmo non renderci abbastanza conto che per i bambini, nel momento stesso in cui stanno con i loro adulti di riferimento (naturalmente i genitori in primis, che siano fiduciosi ed equilibrati in questo frangente), non si pongono in assoluto la questione se tutto andrà o non andrà bene. Per loro è del tutto scontato che, stando con mamma e papà, tutto non potrà che andare nel migliore dei modi. È come se non vedessero due opzioni (andrà bene vs andrà male) ma solo una e cioè che la vita è bella e buona se sto con i miei genitori.

Per il bambino andrà bene comunque

Porre la questione significa insinuare prematuramente nel bambino l’idea deleteria che stare con mamma e papà non dia già di per sé l’assoluta certezza della propria sicurezza. Significa in altre parole insinuare il dubbio che gli adulti con cui vive non siano capaci di proteggerlo. Noi adulti sappiamo che non è così: sappiamo che arriverà un tempo, quello debito, in cui i bambini che intanto si saranno trasformati in pre-adolescenti e poi adolescenti capiranno che i loro genitori non possono difenderli da qualsiasi male, che sono umani, che sono persone. Il tempo verrà ma non è questo. Se anticipiamo, anche se inconsapevolmente, questa acquisizione rischiamo di minare la fiducia incondizionata che i bambini hanno assolutamente bisogno di riporre negli adulti per essere, un giorno a loro volta, adulti sicuri.

Noi adulti dobbiamo essere il filtro tra ciò che succede nel mondo e i bambini

Non dimentichiamo mai che noi siamo il filtro, le lenti con le quali i nostri figli guardano il reale: se la nostra sarà La vie en rose, lo sarà anche per loro. Mai come ora le generazioni che da noi dipendono hanno bisogno di genitori attivi, che coltivino pensieri positivi, colmi di speranza, amore e fiducia. Perché i bambini percepiscono i nostri pensieri e vivono in essi. Viene in mente il film premio Oscar di Roberto Benigni “La vita è bella”, la storia di un papà che ne inventa mille pur di proteggere il proprio figlio dal conoscere certe realtà. Faccio questo riferimento non per affermare di far vivere a tutti i costi i nostri figli in una campana di vetro, ma nella convinzione che i bambini non hanno ancora gli strumenti giusti per elaborare ciò che succede. Il far ingoiare loro cibi che non hanno ancora la capacità di digerire può compromettere proprio quella capacità che vorremmo stimolare e rafforzare: la mancanza di filtri fra ciò che accade oggi nel mondo e i bambini potrebbe dare proprio l’effetto paradossale di indebolirli piuttosto che rafforzarli. Per essere adulti che vadano nel mondo senza paure, senza angosce, fiduciosi in se stessi e negli altri, i bambini hanno il diritto di sentire che il mondo è buono: non deludiamo la loro incondizionata fiducia in noi come adulti portatori, dentro casa, di un esterno buono.

Leggo e ricevo messaggi di mamme e papà preoccupati perché sentono che ai loro figli viene tolto qualcosa: la recita di fine anno, la gita scolastica, il saggio di scuola di musica, ecc. Così come mi chiedo se le rassicurazioni che a volte infliggiamo ai nostri figli non servano a rassicurare più noi stessi che loro, allo stesso modo mi chiedo se questi non siano lutti nostri piuttosto che perdite per i nostri bambini. Siamo noi dispiaciuti perché non avremo le foto della recita di fine anno, non saluteremo con la mano il nostro bimbo che va in gita, non assisteremo al saggio di musica. E questo è più che legittimo. Attenzione però a non attribuire la tristezza, la delusione di queste mancate occasioni ai nostri figli. Ci può aiutare il tenere a mente che i bambini non hanno la stessa percezione del tempo di un adulto e che per loro non è automatico sapere che, poiché i loro compagni di 5 anni dello scorso anno hanno ricevuto, con un bel rituale celebrativo, il diploma per passare dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, ciò sarebbe dovuto accadere anche a loro. Come persone pienamente adulte siamo chiamate ad elaborare le nostre ansie, paure, angosce e preoccupazioni affinché non gravino sui nostri figli. Mi piace ripetere: per i bambini è normale quello che c’è. La grande sfida per noi adulti e genitori oggi è quella di far diventare normale ciò che in questo momento c’è. Anche se, in quello che c’è, di normale si intravede assai poco.

Dare un ritmo ai bambini in queste giornate di quarantena

Più che di tante parole e rassicurazioni che forse - ed è tutto da dimostrare - tranquillizzano noi adulti, i nostri figli hanno bisogno di una giornata scandita da una ruotine quanto più regolare possibile, di gesti che si ripetono quotidianamente. È il ritmo quanto più uguale a se stesso giorno dopo giorno che dà sicurezza, tranquillità, che fa sentire ai bambini che non c’è nulla da temere. Prestiamo dunque attenzione a che gli orari del risveglio e dell’addormentamento, dei pasti, dello stare fuori e del rientrare siano quanto più regolari. I bambini piccoli vivono del ritmo ed è quello che deve essere preservato. Qualora lo ritenessimo necessario, questo potrebbe essere il momento in cui cambiare la routine e farla diventare più naturale, più umana e più a misura di bambino. Tenendoli lontano da schermi di ogni genere. Loro, i bambini, mai come in questo momento hanno bisogno di sentire il calore umano dello stare e del fare insieme, non la freddezza delle macchine (telefoni, pc, tablet, ecc.). Spegniamo la tv e la radio quando ci sono tele o radiogiornali, trasmissioni di approfondimento, soprattutto quando ci sono i bambini. Facciamo il sacrificio di riservare il momento della nostra informazione a quando i più piccolo saranno andati a letto o quando staranno facendo il riposo pomeridiano. Un sottofondo quotidiano fatto di notizie di morte, paura e disperazione che emerge dai media entra profondamente nelle loro coscienze lavorando sotterraneamente nel senso della paura e dell’insicurezza. Lo stesso vale per i discorsi da adulti tra adulti: meglio fare il bollettino di contagiati, morti, isolati quando le orecchie dei bambini saranno lontane.

Alcuni suggerimenti su come dare ritmo alle giornate dei bambini

Molte cose è possibile fare in casa sia insieme che in autonomia e non mi riferisco alle attività più astruse per impiegare un tempo che altrimenti si sentirebbe come vuoto e angoscioso. Semplicemente, coinvolgiamo i bambini in piccoli lavori manuali legati alla manutenzione della casa e soprattutto nelle faccende domestiche. Ricordiamo che, a seconda dell’età, i bambini possono e devono collaborare in casa. Non è soltanto questione di impiegare il tempo o farsi dare una mano, è qualcosa che fa loro tanto bene: svolgere dei compiti che affidiamo loro li aiuta a fortificare una delle capacità fondamentali nella vita, la volontà. Portare a termine ogni giorni delle piccole incombenze infatti li renderà capaci di perseguire, da adulti, i propri scopi, le proprie mete senza lasciarsi scoraggiare dalle inevitabili difficoltà che incontreranno lungo il percorso.

In questo la bella e calda stagione che si è appena aperta ci è propizia: facciamoci aiutare ad accogliere la primavera sistemando balconi e terrazzi, spostando vasi e fioriere, piantando semi e fiori, ripulendo il giardino. Solo per dare un’idea, teniamo a mente che i bambini a 2-3 anni possono riordinare giochi e giocattoli, buttare le cose nella spazzatura differenziando i diversi materiali, annaffiare le piante, portare i vestiti nella propria stanza; a 4-5 anni possono vestirsi e andare in bagno da soli, apparecchiare, dare da mangiare all’animale domestico e lavare i piatti insieme a un adulto, cosa per la quale, come tutte le attività in cui è in gioco l’acqua, vanno matti; a 6-7 anni possono rifare il proprio letto, riordinare al propria scrivania, passare la scopa, spolverare i mobili, piegare e sistemare i vestiti; a 8-9 anni possono lavarsi da soli, pulire i pavimenti, prendersi cura dell’animale domestico, preparare la colazione e cucinare piatti semplici sotto la supervisione di un adulto; a 10-11 anni possono pulire la propria stanza, portare a spasso il cane, stendere e riprendere il bucato; dai 12 in poi possono andare a buttare la spazzatura, fare la spesa, cucire un bottone e spolverare oggetti molto delicati come quelli in una cristalliera. Ovviamente, i genitori devono essere disposti a minuirsi di tempo e pazienza avendo ben in mente che lo scopo non è che i bambini eseguano i compiti subito in maniera perfetta, ma che li facciano perché questo li aiuterà nella vita.

Ricordiamo che, specialmente dai 7 ai 14 anni, i bambini devono sentire che il mondo è un luogo bello da abitare, sia fisicamente che relazionalmente. Se ne abbiamo la possibilità, ammiriamo insieme la natura che proprio in queste settimane si sta risvegliando, ogni piccola bocciolo, ogni singola fogliolina, ogni piccolo frutto che nasce e cresce è uno spettacolo da seguire nel suo svolgersi ed evolversi di giorno in giorno. Altro suggerimento che mi preme dare è quello di non affaticarli troppo con l’attività fisica. Proponiamo piccoli giochi a metà tra il movimento e la “strategia”, come il gioco dei “quattro cantoni”, le “belle statuine”, “sotto mano di papà”, “un, due, tre stella”. Sì, ma dove? Certo non tutti hanno uno spazio esterno ma i modi per inventarsi nuovi spazi si possono trovare. Cerchiamo di non delegare ai cartoni animati la narrazione, bensì raccontiamo loro di quando eravamo piccoli, di come trascorrevamo il nostro tempo libero, di com’era stare con nonno e nonna e soprattutto raccontiamo loro le fiabe.

La bellezza e l'efficacia delle fiabe per i nostri bambini

La fiaba salta il canale del pensiero e dell’intelletto (ancora assopiti nel bambino) e tocca direttamente la sua anima che è lo “strumento” attraverso il quale egli maggiormente percepisce il mondo esterno. La fiaba non ci dirà che tutto andrà bene ma ci sussurra nell’inconscio che è possibile cercare, trovare e attivare dentro di sé le risorse necessarie per far fronte alle situazioni difficili. Ci racconta che contro le cose grandi e che sentiamo come insormontabili (i giganti), l’unico mezzo che potremo sempre usare con successo è il nostro pensare libero e creativo. I mostri, di solito (forse anche quelli invisibili come il Covid-19?!) sono grandi ma stupidi, noi astuti e furbi perché esseri pensanti.

Il momento di donare ai bambini la cosa più preziosa

Se i genitori sentono di essere abbastanza sereni e tranquilli (e naturalmente se il momento è quello giusto per il bambino), questa potrebbe essere l’occasione per introdurre dei cambiamenti nella routine quotidiana. Oppure per iniziare o completare passaggi evoluitivi come ad esempio avviare lo svezzamento, togliere il pannolino, concludere un allattamento a termine, passare dalla culla al lettino, dal dormire in camera con mamma e papà a dormire da solo o con un fratellino o una sorellina. Sono questi momenti che necessitano ai genitori maggiore pazienza e tempo a disposizione, tanto che spesso viene loro consigliato di avviare questi cambiamenti durante le vacanze, proprio perché si presuppone che essi abbiano a disposizione maggiori risorse in termini di tranquillità e serenità per trasformare o sostituire le vecchie abitudini.

In questo frangente il dono più grande che i genitori possano fare ai propri figli è quello di sempre: il loro tempo. I nostri figli, fino a una certa età, nient’altro desiderano da noi se non che stiamo con loro. E questo può essere il prezioso momento in cui farlo. Abbiamo allora l’opportunità straordinaria di trasformare qualcosa di apparentemente terribile in qualcosa di meraviglioso che riconduce dritto a noi stessi.


Dott.ssa Mariangela Fiorelli
Psicologa Psicoterapeuta a Caserta (CE)

Dott.ssa Mariangela Fiorelli

Psicologa Psicoterapeuta

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